Storia Della Veneziana
Il seminato o terrazzo alla veneziana puo' definirsi un discendente dell'antico pavimento "opus signinum",
che, caratterizzato dalla mancanza di disegno, era composto da sassolini di torrente disposti in modo casuale e cementati con calce o con argilla.
In Italia, in epoca antica, era realizzato con una mescola di cocciopesto e calce in cui venivano inseriti sassolini in schegge o piccoli frammenti di marmo.
Esempi tipici risalenti al primo secolo, si trovano ad Aquileia. Venezia, più di altre città,
rimase fedele a queste tecniche mantenute vive pure in zone del Friuli.
Successivamente il pavimento si evolve, seguendo i gusti delle epoche
ma sostanzialmente restando fedele alla tradizione antica.
Andrea Palladio nel primo volume de: "I quattro libri dell'Architettura" cita i terrazzi veneziani di cocciopesto, di ghiaia minuta, ecc...
eseguiti con tecniche definite che fanno ormai parte della cultura architettonica dei trattati.
La prima illustrazione dettagliata di un terrazzo fu pubblicata nel 1590.
Resta però sempre valido il concetto che è l'esperienza manuale il fattore principale della bellezza di un pavimento.
Quindi non vi è un progetto nel senso letterale ma bensì la mano del posatore che sceglie
la graniglia di marmo di misure e colori diversi, combinandoli fra loro.
Nel Seicento e, più ancora, nel Settecento, questo pavimento si diffonde con il nome di Veneziana
in ambienti prestigiosi fino a Milano e a Bologna.
Esteticamente il pavimento tende sempre più ad impreziosirsi con disegni, orlature,
inserimenti di marmi pregiati, ma la tecnica e lo spirito della Veneziana rimangono inalterati.
Il merito d'aver dato nuova vita alla pavimentazione ornamentale, diretta discendente del mosaico pavimentale di origine ellenica, spetta agli artigiani friulani.
Furono loro a portare questa tecnica a Venezia dove il mestiere si sviluppò e fu introdotto tra le associazioni d'arte nel 1586.
Il legante tradizionale è la calce: rappresenta l'ingrediente chiave dell'esecuzione del terrazzo battuto. Si tratta di calce spenta, cioè idrossido di calcio Ca (OH)2.
Quest'antichissimo legante risulta dalla cottura ad 800°gradi C (calcinazione) del ciottolo di fiume e dalla successiva aggiunta d'acqua. L'elasticità è buona ed i risultati lo testimoniano.
L'impiego della calce permette infatti di pavimentare superfici molto estese senza giunti di dilatazione (es. sala Maggior Consiglio a Palazzo Ducale è di 1.200 mq) e di inserire sulla superficie vari tipi di decori, fasce e disegni anche molto complessi.
Con una manutenzione a base di olio di lino e di eventuali appropriate stuccature, tali pavimenti hanno superato egregiamente la sfida del tempo attraverso i secoli.
L'inconveniente della calce è la lentezza con cui fa presa e quindi la necessità forzata di tempi di cantiere molto lunghi. Di qui la naturale evoluzione verso altri leganti che consentissero di abbreviare le fasi di lavorazione.